Amronlus

“Andare Incontro” un progetto in collaborazione con AMR Onlus

Cinque donne, quindici valige piene di doni e di speranza. Dopo la notte passata in aereo, è così che siamo arrivate alla missione di Shashamanne, nel sud dell’Etiopia, una delle zone più povere del pianeta. Cinque marziane venute da un mondo dove le donne possono fare le cose che fanno gli uomini, anche viaggiare da sole da un continente all’altro! 

Perché cominciare così questa mia piccola cronaca? Perché, come dice un detto etiope, nascere asini e donne è una grande disgrazia. Nascere asini vuol dire trascinare carretti stracolmi di taniche sporche piene di acqua presa da qualche ruscello della zona e da vendere al mercato; nascere donne vuol dire fare i conti con una cultura patriarcale dove alle bambine viene ancora praticata l’infibulazione, le donne non hanno diritti, fanno i lavori più umili e faticosi e, soprattutto, sono destinate a mettere al mondo tanti figli! E infatti, camminando per i centri abitati, ciò che colpisce è il gran numero di giovani che popolano le strade; giovani senza lavoro, senza scuola, senza speranza.

Il finestrino della Jeep con la quale sono venuti a prenderci all’aeroporto, mi ha subito offerto l’impietoso affresco della miseria più estrema. Bambini che al mercato rovistano tra le immondizie per recuperare qualche frutto marcio, donne accovacciate davanti alle loro povere mercanzie: patate, arance, cipolle…, ragazzini seduti sul ciglio della strada che masticano cat, un’erba che attenua i crampi allo stomaco dovuti alla fame, una ragazza con un barattolo raccoglie acqua sporca da una pozzanghera e la versa in un secchio… 

È agosto, la stagione delle piogge, Shashamane si trova su un altopiano a 2.000 metri sul livello del mare, fa freddo e c’è fango ovunque, molti bambini sono a piedi scalzi e poco vestiti … Tristezza infinita e senso di impotenza; siamo sopraffatte dalla consapevolezza che, per quanto si possa fare, è sempre solo una goccia nell’oceano. Nunzia, la nostra responsabile, dice che non dobbiamo scoraggiarci e che a volte dobbiamo accontentarci anche solo di far sentire la nostra vicinanza umana. È così che dice, ma lei è una donna saggia, io non lo sono: la miseria e la sofferenza, soprattutto dei bambini mi stringe il cuore.

Primo giorno di lavoro, ci siamo divise i compiti. Nunzia è impegnata a incontrare i referenti etiopi dei vari progetti in corso: riforestazione, microcredito, scuole, pozzi. Bisogna verificare l’andamento delle iniziative e controllare che i finanziamenti inviati dall’Italia siano stati spesi bene.

Pina e Angela vanno a visitare le detenute del carcere femminile locale dove la nostra associazione – affiancata da due sisters della congregazione di Charles de Foucault – sostiene il Centro Promozione Donna teso a restituire dignità e speranza attraverso il lavoro e l’alfabetizzazione delle detenute. L’analfabetismo raggiunge il 70% della popolazione femminile. Le recluse di Shashamane non sono solo persone private della libertà ma spesso sono madri che hanno con sé i propri figli. In un paese fortemente patriarcale, per una donna le occasioni di finire in prigione non mancano, basta ribellarsi ai soprusi dei mariti per essere rinchiuse dopo un processo sommario. Il penitenziario è una struttura formata da un’unica camerata che ospita circa 100 donne. Convivere in così poco spazio è difficile: il sovraffollamento provoca problemi di igiene e genera conflittualità. Donne carcerate, ciascuna col peso del proprio vissuto e col senso di colpa di far subire ai figli la loro stessa reclusione. 

Io e Marisa, la ginecologa del gruppo, siamo destinate al Centro Distribuzione Alimenti. Abbiamo portato due grosse valigie piene di vestitini per neonati e saponette per le madri. Lunghissima la fila di donne devastate dalle troppe gravidanze accorse per farsi visitare da Marisa. C’è un continuo via vai di mamme con i loro figli legati dietro la schiena, vengono a prendere la farfa, una farina di cereali e legumi altamente proteica. Molti piccoli hanno i sintomi della malnutrizione, i primi segni sono i capelli che cominciano a ingiallire e il viso e i piedini gonfi. Piove, i bambini sono coperti solo con delle magliettine di cotone lacere e sporche… Quante di queste storie potrei raccontare, ma il tenore non cambierebbe. 

Siamo di nuovo in viaggio, destinazione Hosanna dove l’anno scorso abbiamo inaugurato una casa-famiglia per bambine, costruita su un terreno messoci a disposizione dal vescovo della diocesi. I chilometri da percorrere non sono molti ma il viaggio dura 5 ore. In molti punti le strade sono impraticabili, portano ancora i segni dei combattimenti che ci sono stati in zona fino a qualche tempo fa tra i ribelli tigrini e l’esercito governativo. Ora gli scontri si sono spostati nel nord, nella regione del Tigray. Alla miseria si aggiunge la guerra civile che sta mietendo tante vittime e sta allungando spaventosamente l’elenco dei piccoli orfani.

Finalmente arriviamo a Hosanna. Ci vengono incontro trenta bambine cantando il loro benvenuto. Emozione infinita! I Visini timidi e timorosi che abbiamo lasciato l’anno scorso, oggi si sono aperti in sorrisi gioiosi. Le parole non servono, bastano gli sguardi, i fiori, gli abbracci. Le ragazzine più grandi ci mostrano orgogliose i murales coloratissimi dipinti sui muri esterni della casa e i laboratori che si stanno costruendo lì accanto: un forno, già funzionante, una sartoria e una bottega artigianale entrambi in fase di completamento. Si spera un giorno di rendere la casa economicamente autonoma e avviare al lavoro le ragazze più grandi. La sera, tra l’allegria generale, mangiamo tutte insieme le pizze cotte nel nostro forno. Certo i problemi non mancano, il numero delle adozioni dall’Italia è diminuito, l’inflazione in Etiopia galoppa al 30% ma, la sera, sentire le risatine delle bambine che si rincorrono nel corridoio delle camere da letto ci apre il cuore alla speranza.

Dopo una settimana siamo di nuovo in viaggio, questa volta la destinazione è l’aeroporto di Addis Abeba. Si torna a casa. In lontananza comincia a intravvedersi la città avvolta in una nube di smog. Ci inoltriamo nel traffico senza regole, le strade sono intasate di vecchie auto dai cui tubi di scappamento fuoriesce veleno puro. Qua e là svettano grattacieli che arrivano a 20 piani, molti non sono completati e recano già i segni del disfacimento. Il nostro accompagnatore ci spiega che si tratta di costruzioni che la vecchia classe dirigente – ora in galera – aveva finanziato con i proventi della corruzione e che adesso, mancando i soldi, rimarranno così per chissà quanto tempo. Basta poi abbassare lo sguardo per vedere le povere case fatte di fango con i tetti di lamiera nelle quali vive la popolazione più povera di questa caotica e rumorosa metropoli. Con il COVID e i cambiamenti climatici, i poveri sono aumentati in modo esponenziale, molti hanno lasciato i villaggi per venire in città nella speranza di una vita migliore ma, il più delle volte, li attende solo un’esistenza affidata all’elemosina dei più ricchi.

Proseguiamo verso l’aeroporto. Lo scintillio delle luci di questa modernissima costruzione contrasta in modo stridente con la miseria che ci siamo lasciate alle spalle; il divario sempre più profondo tra ricchi e poveri è una piaga che sta investendo il mondo intero ma che diventa drammatica in quelle parti del mondo dove non è garantita nemmeno la sopravvivenza alimentare. 

Miseria, corruzione, guerra, cambiamenti climatici… Ci vuole tanta fiducia nel futuro per non lasciarsi sopraffare dallo scoraggiamento. È così che dice la mia amica Nunzia, ma lei è una donna saggia, io molto meno. 

Giovanna Vitagliano

Un passo per Leopoli

Questa storia inizia con una telefonata a un seminarista, Vitalii Dmytryshyn, che un giorno ha visto la sua parrocchia di San Giovanni Paolo II a Leopoli, trasformarsi in un rifugio per donne e bambini ucraini in fuga da una guerra. I bimbi hanno dai 2 mesi ai 14 anni, i padri non ci possono essere, le mamme sono le sole a potersi occupare di loro. Quella parrocchia confina con un centro per bambini autistici in cui lavorano tre professionisti che oggi si sono messi al servizio di bambini e donne rifugiate. Padre Gregori e i suoi seminaristi hanno dovuto lasciare le loro stanze per far posto a queste famiglie spaccate. I ragazzini di cui stiamo parlando sono quelli che poche settimane fa erano sul divano di una confortevole casa a scegliere quale serie Netflix vedere. Oggi tutti loro sono stati privati di qualsiasi cosa abbia a che fare con la parola casa. Grazie al contatto sul posto, AMR è riuscita a trovare un modo per far arrivare in modo sicuro le donazioni. Tutto quello che riusciremo a raccogliere sarà utilizzato per l’acquisto di materiale per lo sviluppo psicomotorio dei bambini rifugiati nella struttura di San Giovanni Paolo II. Grazie all’aiuto di Vitalii, tutti i giorni, AMR sarà in contatto per seguire l’avanzamento del progetto e aggiornarsi sullo stato di salute dei bambini. Non possiamo voltare lo sguardo!

DONA ORA IT94Q0306905238100000002473 INTESA SAN PAOLO


Congo, completati i lavori per il nuovo reparto di maternità a Kaseghe

Il 30 gennaio 2019 è stata benedetta la prima pietra che dava il via ai lavori per la costruzione di quello che nel mondo occidentale chiameremmo “reparto di maternità” nel villaggio di Kaseghe, regione Nord Kivu della Repubblica Democratica del Congo. In alcune aree del Congo partorire in strada, senza assistenza sanitaria, è la regola e non l’eccezione. Don Raffaele Mandolesi, dell’ordine dei Chierici Regolari Minori  o Padri Caracciolini, dal 2012 porta avanti, a Kaseghe, una missione di evangelizzazione incentrata sugli aiuti concreti alla popolazione. Grazie a diversi benefattori, l’ordine dei Caracciolini è riuscito a creare scuole, chiese e un nuovo centro sanitario. Mancava però un reparto capace di accogliere e assistere le donne in stato di gravidanza. Don Raffaele ha raccontato questa storia ad Alessandra Romano, presidente di AMR Onlus. “Senza una struttura di accoglienza – raccontava don Raffaele – le donne incinta sono obbligate, nei giorni che precedono il parto, a vagare per Km pur di trovare un luogo in cui dare alla luce i propri figli, e spesso questo accade in strada”. Da quel momento questa storia è diventata la storia di AMR Onlus che ha scelto di finanziare, con l’aiuto di soci, benefattori e donatori abituali, l’intera spesa per la costruzione del centro di accoglienza per le donne in gravidanza. La nuova struttura è stata intitolata al fondatore di AMR Onlus, Padre Vincenzo Maria Romano che nel 2017 diede vita alla Onlus con l’obiettivo principale di aiutare i bambini nei Paesi in via di sviluppo. Lo scorso 2 novembre in diretta Fb (sulla pagina https://www.facebook.com/alfonsoemeriromano) abbiamo assistito alla cerimonia di inaugurazione: una gioia enorme che vogliamo condividere con voi attraverso le foto pubblicate sui social della Onlus.

Un tetto sul futuro

E’ passato un anno da quando AMR ha deciso di intraprendere questa avventura al fianco dei padri Caracciolini nella Repubblica Democratica del Congo. Lo scopo era solo uno: proteggere le donne in stato di gravidanza e far nascere i loro piccoli in un ambiente sicuro, pulito e protetto, con la giusta assistenza. Oggi possiamo gioire perchè i lavori strutturali ormai stanno finendo e il tetto è pronto!

“Di mattina i tetti sono silenziosi e soleggiati e le speranze hanno gli occhi azzurri”.

AMR Onlus per i bambini della comunità aversana

AMR Onlus, da statuto, si occupa dei bambini in stato di disagio economico e sociale nel sud del Mondo. La Onlus, nel 2018, decide però di sostenere anche il territorio che ospita la sede istituzionale della Onlus stessa nonché casa natale del fondatore Padre Vincenzo Maria Romano. Aversa, è una piccola città in provincia di Caserta che è diventata il cuore degli incontri che Padre Vincenzo organizzava per discutere con i suoi amici di fede, religione, teologia e di tutto quello che poteva arricchire l’animo umano. Dopo la scomparsa di Don Enzo, il calore e l’affetto di questo territorio si sono riversati nella sua Onlus, per questo motivo la presidente e i soci tutti hanno deciso di restituire, come possibile, lo stesso affetto, impegnandosi in un progetto che consentisse di sostenere un bambino della comunità della Caritas Diocesana di Aversa, gestita da don Carmine Schiavone.

 Don Carmine, di chi si occupa la Caritas di Aversa: chi ospita e come opera sul territorio?

La Caritas diocesana è l’organismo pastorale che ha il compito di animare le comunità ecclesiali al senso di carità verso le persone e le comunità in situazione di difficoltà e al dovere di tradurlo in interventi concreti con carattere promozionale e ove possibile preventivo. La Caritas cerca di essere attenta al territorio, con i suoi abitanti, le istituzioni, i servizi, le diverse realtà sociali, e si impegna a collaborare in maniera sinergica con quanti si occupano di servire l’uomo, specie se povero. Il nostro centro di accoglienza “Gratis Accepistis” è divenuto negli anni un luogo di sosta, ma soprattutto di ripartenze per persone che vivono particolari fragilità, quali: povertà economica, solitudine, tossicodipendenze, salute mentale, violenze intrafamiliari, uomini e donne con trascorsi di detenzione giudiziale. 


Come e quando ha conosciuto Padre Vincenzo Maria Romano?

Ho conosciuto padre Vincenzo durante i miei anni di formazione in Seminário. Ho avuto modo di frequentarlo anche da sacerdote ed è stato per me sempre uno stimolo ad una crescita umana e intellettuale. La sua umanità e attenzione al prossimo sono state e sono una grande ricchezza per me.


Come sono stati utilizzati i soldi che AMR ha stanziato l’anno scorso per la Caritas?

I soldi devoluti sono stati utilizzati per prevenire la dispersione scolastica e contrastare il fenomeno della povertà educativa, ossia quella particolare deprivazione del diritto di un bambino ad apprendere, formarsi, sviluppare capacità e competenze, coltivare le proprie aspirazioni e talenti. Nello specifico, è stato realizzato un progetto socio-educativo teso alla promozione del benessere di un ragazzino, mediante la sua partecipazione attiva a percorsi ludici, formativi e sportivi.


Possiamo dare un nome al bambino adottato, e in che modo l’aiuto di AMR ha cambiato il suo presente?

Il ragazzino in questione di chiama Emanuele. AMR ha sicuramente sostenuto il percorso di crescita di Emanuele donandogli altresì la rinnovata possibilità di scegliere, di fare una valutazione accurata delle proprie aspirazioni e perché no… anche di sognare!


A cosa serviranno i soldi che quest’anno AMR ha stanziato nuovamente per voi?

Le risorse economiche saranno impegnate nel rafforzamento del già esistente doposcuola pomeridiano, servizio erogato da Caritas per tutti quei bambini che hanno necessità di essere guidati nei loro percorsi educativi, in assenza di strumenti e\o stabili riferimenti all’interno delle loro famiglie d’origine. Il servizio prevede un accompagnamento degli allievi durante l’anno scolastico, al fine di consentire un adeguato percorso di apprendimento e l’acquisizione progressiva di autonomie tali da favorire l’integrazione e il successo a scuola. L’obiettivo del doposcuola diviene quindi non solo quello di favorire l’apprendimento ma anche e soprattutto quello di offrire ai bambini ed ai ragazzi, un momento volto all’interiorizzazione di un’esperienza di studio positiva e diversa, in un ambiente motivante e non giudicante, al fine di favorire il benessere scolastico e la qualità della vita.


AMR, da statuto, può sostenere progetti solo rivolti all’infanzia, come riesce la Caritas di Aversa a sostenere l’infanzia?

Oltre al già citato servizio di doposcuola, vengono promosse attività sportive, canale privilegiato per imparare a stare in gruppo, sostenendo la socializzazione, nonché per prepararli alle sfide della vita. Inoltre, sempre nell’ambito del sostegno all’infanzia, la Caritas Diocesana di Aversa ha valorizzato l’istituto dell’affidamento familiare attraverso un progetto che è nato dall’esigenza di costruire una cultura dell’affido attraverso un lavoro di rete che ha visto e vede tuttora coinvolti sia professionisti operanti nel settore che realtà pubbliche e private presenti sul territorio della Diocesi di Aversa, nonché le famiglie che già fanno esperienza diretta dell’affidamento familiare e/o che intendono conoscere i soggetti e le dinamiche di suddetto istituto. 
A tal proposito divulghiamo, con mirati percorsi formativi ed esperenziali, il valore dell’affido come risposta ai diritti dei bambini attraverso un’azione consapevole e partecipata di co-genitorialità tra le famiglie affidanti e quelle affidatarie.

Kaseghe, Congo: costruiamo un posto sicuro dove far nascere i bambini.

Siamo a Kaseghe, un piccolo villaggio nella Repubblica Democratica del Congo, a 2000 metri sul livello del mare, nella regione del Nord Kivu. Qui, nel 2012, nasce la missione dei Padri Caracciolini che AMR ha avuto la fortuna di conoscere attraverso uno dei loro sacerdoti: Padre Raffaele Mandolesi. A Kaseghe, i padri Caracciolini hanno costruito scuole e chiese e riedificato un centro sanitario di accoglienza per i bisognosi di cure mediche. AMR Onlus, con l’aiuto dei suoi soci e dei suoi benefattori, ha deciso di sostenere il progetto di Padre Raffaele e della sua missione per edificare, all’interno del centro sanitario, un reparto di accoglienza per donne in stato di gravidanza. “Siamo in Africa”, risponde il sacerdote caracciolino alla nostra domanda su come verrà edificata la struttura. Essere in Africa vuol dire non dover pensare da italiani. “A Kaseghe le donne partoriscono anche per strada, da sole” – prosegue Padre Raffaele – “in condizioni igienico-sanitarie che pochi di voi possono immaginare”. AMR Onlus ha perciò deciso di sostenere, versando la prima tranche di 15000 euro, la costruzione di un reparto di maternità, inteso come luogo di accoglienza, provvisto di un personale specializzato capace di aiutare le donne in procinto di partorire a mettere al mondo i propri bambini nelle migliori condizioni di sicurezza e igiene possibili. Il reparto sarà dedicato al fondatore della Onlus Alfonso e Meri Romano – Padre Vincenzo Maria Romano – che ha costituito la nostra Associazione esattamente con lo scopo di diffondere la vita e di farlo attraverso quella dei bambini dei Paesi in via di sviluppo.

AMR e AMKA insieme per i bambini del Congo

Il primo marzo del 2018 la presidente di AMR Onlus, Alessandra Romano, ha firmato una partnership con Amka Onlus (www.amka.org) per sostenere il funzionamento di cinque classi della scuola primaria nell’aria rurale di Mabaya, nella Repubblica Democratica del Congo.

Mabaya è un’area non urbanizzata con 9.000 abitanti dove le carenze infrastrutturali e di capacità economica hanno determinato condizioni di estrema vulnerabilità, in particolare per le comunità e l’infanzia. Il 31% dei bambini residenti nell’area risulta sottopeso e il 12% soffre di malnutrizione acuta. L’accesso all’istruzione da parte dei minori è molto problematico. La povertà, la diffusione di malattie e i pregiudizi culturali sono le cause principali che hanno contribuito a creare questo stato di cose, a cui si aggiungono la carenza di risorse per le strutture, il personale docente e lo sviluppo della didattica. Negli ultimi anni i bambini che frequentano la scuola sono diminuiti. Le ragioni sono di ordine sia socioculturale che economico. Le logiche familiari, i matrimoni e le gravidanze precoci spiegano in parte la dispersione scolastica più evidente tra le ragazze. Come se non bastasse, la perdita di uno o di entrambi i genitori e la povertà rappresentano importanti fattori di esclusione scolastica: i bambini infatti vengono spesso allontanati dalla scuola per essere utilizzati nei lavori domestici o perché le famiglie non possono sostenere le spese per le tasse e i libri scolastici. In questo contesto così problematico AMR ha deciso di sostenere AMKA Onlus che dal 2001 è impegnata in diversi progetti che aiutano i bambini congolesi.

Sono 300 i bambini che AMR ha adottato per un anno: 200 di loro frequentano la scuola primaria e 100 saranno ammessi al programma di pre scolarizzazione che inizierà nei mesi estivi e che avrà un ruolo fondamentale per i bambini che dovranno avvicinarsi alla scuola nel prossimo settembre.

Per quanto concerne il sostegno alla scuola primaria, AMR Onlus finanzierà 5 classi sostenendo le spese di gestione ordinaria, che comprendono: lo stipendio del direttore scolastico, l’acquisto di materiale per le attività scolastiche (libri, quaderni) e la manutenzione delle aule dove i bambini seguiranno le lezioni.

Il motivo che ha spinto Alfonso e Meri Romano Onlus a sostenere questo progetto risiede nei suoi tre punti di forza: bambini, istruzione e popolazione locale. Per AMR è fondamentale investire nell’istruzione dei bambini in modo da dar loro i mezzi per potere e sapere scegliere del loro futuro. Un aspetto non meno importante è che in questi progetti siano protagoniste le popolazioni locali, affinché parta proprio da loro il processo di risanamento del territorio.

Il progetto in Congo è stata finanziato interamente con le donazioni e le nuove associazioni che da settembre 2017 hanno sostenuto Alfonso e Meri Romano Onlus; questo progetto è la prova tangibile dell’importanza che ognuno di voi ha avuto nella vita di quei 300 bambini che hanno diritto a un futuro migliore.

 

Per tutti gli aggiornamenti puoi seguire le pagine Fb di AMKA ONLUS e AMR ONLUS

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